In latino

COLUMELLA
"DEll'AGRICOLTURA" Libro settimo

I° sec. d. C.

XII. IL CANE.

Degli armenti, di tutti gli animali e dei custodi, per mezzo dei quali la solerzia umana cura nel chiuso o fuori i greggi di quadrupedi, mi sembra se non sbaglio di aver discorso abbastanza compiutamente. Ora come ho promesso nel libro precedente, parlerò dei guardiani silenziosi,
quantunque sia errato chiamare il cane guardiano silenzioso.
Qual'è l'uomo che denuncia tanto chiaramente come fa il cane con il latrato, o con altrettanto volume di voce, la presenza di un animale selvatico o di un ladro? Quale servo è più affezionato al padrone? Chi gli è compagno più fedele? Dove è un custode più incorruttibile? Quale sentinella più vigilante si può trovare? Quale vendicatore è punitore più costante? Perciò si può dire che questo è uno dei primi animali che l'agricoltore deve comprare e allevare, perché custodisce la villa e i frutti, gli schiavi e il bestiame.

[2] Nel comprare un cane si possono seguire tre criteri. Infatti c'è una varietà che si sceglie per difendersi dalle insidie degli uomini, e questa è adatta a custodire la villa e le adiacenze. Una seconda varietà e adatta ad opporsi non solo alle insidie degli uomini, ma anche a quelle degli animali feroci, e quindi custodisce la stalla e i greggi e gli armenti al pascolo. La terza varietà si tiene per la caccia, essa non solo non giova affatto all'agricoltore ma anzi lo distoglie e lo rende svogliato del suo lavoro.

[3]
Dobbiamo dunque parlare del cane da cortile e di quello pastore, il cane da caccia non ha niente a che fare con l'agricoltura.
Per la villa bisogna scegliere un custode di corpo grande e grosso, di latrato risonante e acuto, primo perché atterrisca i malandrini facendosi sentire, e poi anche con lo spavento che incute la sua vista, e qualche volta senza neppure farsi vedere, mette in fuga chi tenta di rubare solo con il suo sordo mugolio.
Sia però di colore unito, il bianco è da preferirsi per il cane da pastore, in nero per quello da cortile, il mantello pezzato non è pregevole ne nel primo ne nel secondo tipo. Il pastore preferisce il bianco perché è molto diverso dal colore delle bestie selvatiche, e di questa diversità c'è grande bisogno quando si dà la caccia ai lupi, nella luce incerta del primo mattino o del crepuscolo, per non correre il pericolo di colpire il cane al posto della fiera.

[4]
Ma il cane da cortile che si oppone ad incursioni di uomini, quando il ladro venga ne il giorno chiaro a certo un aspetto più terribile se è nero, di notte poi non si vede perché somiglia alle tenebre, e perciò, coperto da esse, il cane può avvicinarsi all'insidiatore con meno pericolo.
Si preferisce quadrato piuttosto che lungo e tozzo, con il capo tanto grande che sembri la maggior parte del corpo, con le orecchie abbassate e pendenti, con occhi neri o glauchi, lucenti di una luce fiera, con il petto ambio e peloso, spalle larghe, zampe tozze e irte, coda corta, spesse callosità, larghissime dita e unghioni alle zampe, che i greci chiamano artigli. Questa sarà la conformazione più pregevole in un cane da cortile.

[5]
La sua indole non deve essere ne mitissima ne per contrario truce e crudele, il primo infatti blandirebbe anche un ladro mentre il secondo assale anche la gente di casa. E' sufficiente che sia duro, e non abbia nessuna carezzosità, in modo che qualche volta guardi male i suoi compagni di servitù, e sempre si infuri contro ogni estraneo. Sopratutto questi cani devono dimostranti vigilanti nel fare la guardia e non sbagliarsi facilmente, ma essere assidui e circospetti più tosto che temerari. Nel primo caso segnalano solo quello di cui hanno certezza, mentre nel secondo si eccitano per ogni vano rumore o falso sospetto.

[6]
Ho creduto opportuno enumerare queste qualità, perchè non solo la natura, ma anche l'educazione forma l'indole, perciò quando avremmo la possibilità di comprare un cane, scegliamolo in base alle cose dette, e quando alleveremo i cagnolini nati in casa, formiamoli secondo questi criteri.

[7] Non ha molta importanza che i cani da cortile siano pesanti di corpo e poco veloci, essi devono lavorare da vicino e camminando, piuttosto che da lontano e slanciandosi a corsa. Stanno sempre intorno ai chiusi e nell'interno degli edifici, anzi non devono allontanarsene neppure poco e fanno a perfezione l'ufficio loro si avvertono acutamente l'odore di chi si avvicina e lo spaventano con il latrato e non gli permettono di avvicinarsi, o con somma costanza e con violenza assalgono chi tenta di farsi avanti. La prima cosa infatti è che il cane non si lasci attaccare, la seconda che, quando è provocato, si difenda con forza e con tenacia. E questo basta intorno ai guardiani della casa, veniamo ora al cane da pastore.
[8] Un cane pecoraio non deve essere ne tanto magro e veloce come quelli che inseguono i daini e i cervi e gli altri animali più veloci, ne tanto grosso e pesante come il guardiano della casa o del granaio,[9] ma robusto e al quanto violento e battagliero, dato che si tiene appunto perché lotti e combatta, deve anche saper correre, quando c'è da respingere le insidie del lupo e inseguire il rapitore nella sua fuga, fargli lasciar la preda e portarla via. Perciò in previsione di questi casi il meglio e che sia di corpo lungo e snello, piuttosto che corto o quadrato, purché ripeto si presenta ogni tanto la necessità di inseguire velocemente un animale selvatico. Quanto alle altre parti del corpo, si ritiene che siano buone quando assomigliano a quelle del cane da cortile.

[10]
All'una e all'altra specie si devono dare all'incirca cibi dello stesso genere. Se i campi sono tanto vasti che possono nutrire greggi e armenti, farina d'orzo e siero sono il miglior sostentamento di tutti senza distinzione. Se invece il fondo è piantato a d'alberi e frutti e privo di pascolo, si possono nutrire con pane di farro bagnato nell'acqua in cui sono state cotte le fave, ma tiepida, calda fa venire la rabbia.
[11]
Ne ai maschi ne alle femmine si deve permetter l'accoppiamento avanti l'anno, se si concede loro quando sono ancona teneri, consuma il corpo e le forze e degenera la loro indole. Bisogna portare via i nati alle cagnoline che partoriscono per la prima volta, perché queste principianti non possono nutrire bene i piccoli e l'allattamento nuoce al completo sviluppo del corpo. I maschi possono generare con forze giovanili fino ai dieci anni, [12]ma dopo questo tempo non si dimostrano più adatti a fecondare le femmine, perché la prole dei cani vecchi è sempre ignava. Le femmine sono adatte al concepimento fino ai nove anni e dopo il decimo non valgono più niente. Durante i primi sei mesi, finché abbiano preso forza, non bisogna mandar fuori i cagnolini se non vicino alla madre per giocare e scherzare. Dopo si devono legare alla catena durante il giorno e lasciar liberi la notte. Non lasciamo mai allattare da un'altra madre quelli di cui vogliamo conservare intatta la razza, perché sempre il latte e lo spirito materno nutre e sviluppa il corpo, ma anche il carattere.

[13] Se anche alla madre però manca il latte, più di ogni altro converrà dare ai piccoli latte di capra fino a quattro mesi. Bisogna chiamarli con nomi non troppo lunghi in modo che rispondano più in fretta alla chiamata, ma nello stesso tempo i nomi non devono essere più brevi di due sillabi. Vanno bene il nome greco Skylax, il latino Ferox, il greco Lakon, il latino Celer, eper una femmina i nomi greci Spondè, Alkè, Rome, o i latini Lupa, Cerva, Tgris.

[14]
Dopo quaranta giorni dalla loro nascita converrà tagliare la coda dei cagnolini nel modo seguente: c'è un nervo che si snoda lungo gli articoli sella spina fino all'estremità, lo si afferra con i denti lo si tira fuori un poco e lo si spezza, con questa operazione la coda non acquista più una lunghezza sgraziata, e nello stesso tempo, come affermano molti pastori, si tiene lontano la rabbia, malattia pestifera e mortale per queste bestie.

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